Onorevoli Colleghi! - L'avanzamento tecnologico e scientifico nel campo delle metodiche di procreazione assistita ha raggiunto in breve tempo un'evoluzione tale da creare, paradossalmente, inquietudine e difficoltà di fronte a risultati che, se da un canto sono espressione di conquiste scientifiche, dall'altro coinvolgono e condizionano i momenti essenziali della vita umana, costituiti dalla nascita, dalla procreazione e dalla morte, ponendo problematiche dalle delicate implicazioni etiche.
La legge n. 40 del 2004 ha finalmente colmato il vuoto legislativo sulla materia, che rimaneva fino a quel momento regolata dalla circolare del Ministro della sanità del 1o marzo 1985, concernente limiti e condizioni di legittimità di servizi per l'inseminazione artificiale, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, e da alcune successive circolari in materia di prevenzione dei rischi di diffusione dell'AIDS.
Tale legge è stata ed è, purtroppo, oggetto di svariate critiche. Essa è stata definita incostituzionale, confessionale, oscurantista, contro la donna, nemica della scienza e così via.
Ma così non è. La scienza dice che fin dal concepimento un essere umano si sviluppa in modo continuo, autonomo e finalisticamente organizzato. I processi della fecondazione e dello sviluppo embrionale e fetale sono stati scoperti e descritti proprio dalla scienza moderna. Prima erano oggetto di fantasia, intuizione e ipotesi. Convenzioni internazionali e leggi sottopongono ormai a limiti rigorosi la sperimentazione sull'uomo, specialmente quando si tratta di bambini e
a riprendere la ricerca sulle cause della sterilità, che è stata del tutto abbandonata dopo la diffusione della FIVET (fecondazione in vitro ed embryo transfer) e che la legge n. 40 del 2004 esplicitamente stimola e finanzia (articolo 2);
a rispettare sempre di più i cicli naturali della donna, senza iperstimolazioni ormonali selvagge, che sono dannose per la donna e producono ovociti meno capaci di essere fecondati.
La legge n. 40 del 2004 è stata definita una legge confessionale; essa è invece una legge pienamente laica, laddove «laicità» non significa assenza di valori e di senso di responsabilità.
È una legge che s'ispira a un principio assolutamente laico. Laicità non significa rinunciare a qualsiasi valore, non significa chiudersi nel dubbio insuperabile, non significa che lo Stato ha la sola funzione di garantire che ogni cittadino possa fare quello che vuole. Non a caso lo Stato moderno rifiuta la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, rinuncia alla pena di morte, punisce i reati, esige la solidarietà sociale. È evidente che dietro queste scelte vi sono valori etici.
La laicità implica la possibilità di tutti i membri di una società di vivere e lavorare insieme, indipendentemente dalle convinzioni religiose, perché, indipendentemente da esse, la ragione scopre un obiettivo comune: il valore dell'uomo. Uomo come fine, ragione come mezzo sono gli elementi costitutivi della laicità. Perciò quando si discute dello statuto dell'embrione umano e dei diritti dei bambini non si viola la laicità né si prefigura uno stato etico e confessionale, ma si investiga sulla natura e sui finalismi stessi dello stato laico.
Tanto poco la legge n. 40 è confessionale o «cattolica» che l'antropologia cristiana ha espresso chiaramente, nei documenti ufficiali della Chiesa (in particolare nell'enciclica Evangelium vitae del 1995, nell'istruzione Donum vitae del 1987 e in vari interventi di Giovanni Paolo II), una generale riserva verso la fecondazione in vitro, eterologa o omologa che sia.
In conclusione, si può ricordare la celebre frase che il laicissimo filosofo Norberto Bobbio disse in un'intervista pubblicata dal Corriere della Sera nel 1981: «Mi stupisco che i laici lascino ai cattolici il privilegio e l'onore di affermare che non si deve uccidere».
Alla luce di queste premesse, l'obiettivo della presente proposta di legge è quello di prevedere un finanziamento per lo studio e la ricerca sulle cellule staminali adulte, quelle cellule non specializzate reperibili tra cellule specializzate di un tessuto specifico, che sono prevalentemente multipotenti. Queste sono tuttora già utilizzate in cure per oltre cento malattie e patologie. Sono dette più propriamente somatiche (dal greco σωμα sõma = corpo), perché non provengono necessariamente da adulti, ma anche da bambini o cordoni ombelicali. Invece, ad oggi, non esiste una sola terapia applicata con l'utilizzo delle cellule staminali embrionali.
Non intendiamo, dunque, finanziare la ricerca delle cellule staminali embrionali che sono ottenute a mezzo di coltura, ricavate dalle cellule interne di una blastocisti: fare ricerca con cellule umane di questo tipo per poter ottenere una linea cellulare (o stirpe, o discendenza) renderebbe necessaria la distruzione di una blastocisti, un embrione non ancora cresciuto sopra le centocinquanta cellule, ma che è già un potenziale essere umano.